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Economia e lavoro | 20 febbraio 2023, 08:45

I vigili del fuoco contro il rischio invisibile dell’amianto

I vigili del fuoco contro il rischio invisibile dell’amianto

Tra i rischi che corrono ogni giorno i vigili del fuoco c’è anche quello dell’amianto. Il minerale killer che causa il mesotelioma, ma anche altri tipi di tumore, è presente ancora nella maggior parte degli edifici costruiti prima del 1992. Così quando i vigili del fuoco intervengono durante i crolli causati dai terremoti, come nei singoli incendi, sono esposti anche a un rischio invisibile che manifesterà la sua cancerogenicità soltanto decine di anni dopo.

E non si tratta di un allarme eccessivo quello lanciato negli anni anche dall’Osservatorio nazionale amianto e dal suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni. È invece un problema attuale, specificato anche nel documento dell’Inail del 2020: “Rischio incendio ed esplosione in edilizia”. Nel testo una buona parte è dedicata all’asbesto negli immobili e nei cantieri. “Il rischio amianto nei cantieri di manutenzione o ristrutturazione – si legge nel vademecum - viene molte volte sottovalutato, eppure la probabilità di riscontrare la presenza di Materiali contenti amianto (Mca) è assai elevata. Non di rado, la presenza di tale agente cancerogeno, viene rilevata solo a seguito di incedenti o in fasi operative”.

L’amianto si trova ancora, purtroppo, negli edifici pubblici, privati, scolastici, biblioteche, musei ed altri edifici culturali, teatri, sale cinematografiche, palestre ed impianti sportivi, ma anche in ospedali, luoghi di culto e caserme. Tra i materiali che lo contengono ci sono le famose coperture in cemento-amianto (eternit) sotto forma di lastre piane o ondulate, e poi ancora canne fumarie, tubazioni e serbatoi, pavimenti in vinil-amianto, ricoprimenti a spruzzo sui soffitti, adesivi, collanti, guaine impermeabili o rivestimenti usati per isolare tubazioni (idriche, riscaldamento, ecc.), cavidotti. Questi materiali, qualora alterati, manomessi o movimentati possono liberare fibre pericolose in atmosfera.

Da alcuni anni i vigili del fuoco sono informati dei rischi e il Dipartimento è tenuto a formarli e a fornire adeguate misure di protezione.

Non era così, invece, quando lavorava Stelio Groppazzi, morto nel 2008 a causa di un mesotelioma. Il vigile del fuoco di Trieste per anni, senza saperlo, è stato a contatto con le fibre di asbesto. Nessuno aveva detto a lui e ai suoi colleghi di quanto fosse pericoloso, anzi le tute che doveva indossare durante gli incendi, i guanti e le famose “pezze di amianto”, realizzate riciclando le tute vecchie e consumate, contenevano asbesto. Il minerale ha capacità ignifughe, purtroppo, però, è anche altamente cancerogeno. Studi scientifici lo dimostrarono già negli anni ’40.

Dopo soli 10 anni di pensione Stelio si è ammalato. Era il 2006. “Continuava a deperire – ci ha raccontato il figlio Fabio - nonostante il suo fisico ancora tonico, così mia sorella ed io abbiamo iniziato a preoccuparci. Poi è arrivata la diagnosi di mesotelioma ed è iniziata la terribile avventura di 2 anni”.

“Lo schiaffo – ci ha spiegato il figlio – è stato quello della negazione da parte delle istituzioni del collegamento tra la malattia e il lavoro svolto da mio padre. Solo per questo ci siamo rivolti ad un avvocato. Ci siamo chiesti perché fossero in molti così ostili a dare delle rispose alle nostre domande e le giuste informazioni. Ci siamo incuriositi e abbiamo iniziato a leggere, a studiare il fenomeno”.

“I vigili del fuoco scavavano tra le macerie in eternit. Mio padre ha fatto campagne in Sicilia, in Irpinia, in Friuli. Se oggi sappiamo che ancora l’80% delle case in Italia contengono amianto è ovvio che ci fosse anche allora. Io l’ho visto personalmente nelle imbarcazioni, quando mio padre mi portava al porto dove trasportava i mezzi antincendio. Ho visto i tubi rivestiti di quella particolare sostanza che poi ho scoperto essere amianto. Le stesse tute dei vigili del fuoco erano in amianto. Da qui sentirsi dire che il l’amianto non sia stata la causa del mesotelioma di mio padre è stato deprimente. Per questo, dopo che non era più possibile fare qualcosa per lui, abbiamo deciso di intraprendere un percorso giudiziario, con un grande amaro in bocca”.

I due figli di Groppazzi, Fabio e Morena, e la vedova, Iolanda Richter, si sono così rivolti all’avvocato Ezio Bonanni e all’avvocato Corrado Calacione, riuscendo ad ottenere un primo risarcimento di 136mila euro, la pensione privilegiata per la vedova, la speciale elargizione e l’assegno vitalizio in favore della vedova e degli orfani. Oltre, chiaramente, al riconoscimento per Groppazzi di vittima del dovere.

“A livello più umano quello che ci ha fatto più male, oltre ad aver perso nostro padre, l’onta che non fosse riconosciuta l’origine professionale della malattia. Funzionari che ci dicevano che non avevamo diritto a nulla perché il rischio era compreso nell’attività che svolgeva. Ostacoli e lungaggini per ottenere giustizia. Ancora oggi stiamo aspettando che l’Inps paghi la pensione privilegiata a mia madre che ormai ha 80 anni. Dopo 10 anni di cause e riconoscimenti”.

Le vittime vanno risarcite quando sono ancora in vita, e le famiglie delle vittime vanno aiutate quando hanno bisogno, non anni dopo, perché il vigile del fuoco, tutti i vigili del fuoco, mettono a rischio ogni giorno la loro vita per la collettività e non aspettano ad intervenire. Che anche a loro, e alle loro famiglie, sia riservato, dallo Stato che hanno servito, lo stesso trattamento. Così come a tutte le vittime dell’amianto.

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