Occhi rossi, grande stanchezza e diottrie perse per strada dopo una notte passata davanti a un laptop. Sullo schermo scorrono fogli di calcolo, migliaia di colonne e righe che si intersecano, celle che man mano vengono compilate, evidenziate, colorate, corrette, aggiornate e che via via vanno balzando di chat in chat.
È lo strano lunedì post elettorale dell’analista politico con effetti sul corpo manco fosse un post sbronza. Sono gli irriducibili cavalieri del metodo d’Hondt, quel sistema che magicamente trasforma le preferenze in seggi. Gli unici detentori del sapere, capaci di affondare le speranze dei candidati o farli assaporare l’apoteosi.
C’entrano i quozienti, i più alti resti, le percentuali, i listini, i pesi di coalizione, le ripartizioni di circoscrizione. Insomma, citando Boris, “Ce se capisce, nun ce se capisce”. Nessuno lo dirà mai, nemmeno tra gli addetti ai lavori, che i più non ci han capito un… piffero.
I grandi esclusi
E così nella giornata in cui sono tutti fermi a valutare la propria performance elettorale ci si chiede quale sofisticato calcolo renda possibile al pentastellato Pasquale Coluccio del Movimento 5 Stelle di Novi Ligure di entrare in Regione con appena 267 voti mentre Laura Pompeo e Maurizio Marello del Pd saranno, quasi per certo, fuori dai giochi nonostante le circa 6.400 preferenze ottenute.
Ma anche nello schieramento meloniano, primo partito in Piemonte, l’esclusione sa di beffa. Tra gli illustri (sempre allo stato attuale) c'è Emanuele Filiberto Comba, figlio del deputato e segretario regionale dei Fratelli piemontesi. Mentre, sul fronte cuneese, c’è Federica Barbero. A entrambi non basterebbero i quasi 3.000 voti per poter sedere a Palazzo Lascaris.
“I voti si pesano, non si contano”, si sostiene in politica. Lo si provi a dire oggi, agli “ei fu lista Monviso" che riescono a ottenere un seggio, ma lo devono cedere, per legge elettorale, alla candidata presidente Gianna Pentenero, esponente del Pd.
Chi sono i meno votati?
Questa la situazione a calcoli fatti e rivisti al centesimo, coi Cavalieri del d’Hondt che possono finalmente cadere tra le braccia di Morfeo. E mentre si cercano gli escamotage per ottenere quel seggio, con la nomina della nuova giunta Cirio che senz’altro muoverà qualcosa in tal senso, più facile è, oggi, valutare la situazione di chi ha certamente perso, ma non ne fa un dramma.
Ragionando con l’assurdo e provando a immaginare un consiglio regionale al contrario, fatto dai meno votati, oggi celebreremmo con titoli altisonanti lo straordinario risultato di Gianfranco Giromini (Lista Civica Piemonte Ambientalista e Solidale) che a Biella ha ricevuto “zero” preferenze. O Chiara Marzocchi (Piemonte Popolare) che nel Vco ne ha ottenuti due, così come Antonino Demichelis (Lista Pentenero) e Luigi Carbino (Libertà) a Vercelli.
Tre voti appena invece per Dina Avino (Libertà) a Novara, Giorgio Giardina (Lista Civica Pentenero) a Biella, Giandomenico Orlando (Stati Uniti d’Europa) e Antonio Melino (Noi Moderati) a Torino, Sabrina Mossetto (Piemonte Ambientalista), Antonino Demichelis e Lucrezia Piovano (Lista Pentenero) ad Alessandria.
Alziamo (pardon), abbassiamo l’asticella e arriviamo alle quattro preferenze ottenute da Silvia Deuzi (Noi Moderati) a Torino, stessa circoscrizione dove Marinella Masoni, Letizia Di Sandro (Piemonte Ambientalista e Solidale) e Valentina Pretato (Libertà) ne hanno racimolate cinque.
Sei voti a Novara per Gabriele Martina (Lista Civica Pentenero) e Raffaella Rosi (Movimento 5 Stelle) a Biella, sette a Torino per Carmelo Ilardi e Stefano Marchi (Piemonte Popolare) e Enza Balleria (Libertà) ad Asti. E chiudiamo la nostra attenta analisi con le otto preferenze ottenute a Torino da Samantha Lopergolo (M5S), Maddalena Raimondo (Noi Moderati) e Mariella Grisà (Lista Piemonte Ambientalista e Solidale) a Cuneo.
La corsa alla chiusura delle liste
Nessun demerito, sia chiaro, per i citati finiti al centro di questo approfondimento non richiesto. Pagano, probabilmente, loro malgrado, l’essere finiti nel tourbillon elettorale fatto di composizione in extremis delle liste, raccolte firme, quote di genere da rispettare, campagne elettorali brevi che di certo penalizzano chi non fa politica di mestiere.
Gli stessi che da subito hanno dormito sonni sereni senza nemmeno dover contare le pecore.